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Prigioniera
"Non puoi passare, è l'ultima volta che te lo dico!"
"Va bene, va bene, non scomodatevi più. Me ne torno sui miei passi."
Non c'era modo di entrare in quella cittadella, la guardia del cancello
era irremovibile. Io però dovevo trovare il modo, lì dentro viveva da
tempo il vecchio mago di cui parlava la Matrona, dovevo portargli il suo
messaggio o il Fiore Nero non mi avrebbe più regalato le sue attenzioni.
Il mio dolore.
"Vado via, se mi accadrà qualcosa ora che cala la sera sarà colpa
vostra. I boschi non sono sicuri." Sembravo convincente quando cercavo
di fare la drow sperduta, eppure la guardia si stava facendo una grassa
risata.
"Sei una drow e la notte è il tuo regno. Volevi farmi ridere eh? Torna
sottoterra da dove sei venuta o ti ci faccio tornare io, qui dentro non
vogliamo complicazioni."
Alzai le mani in segno di resa e mi voltai facendo qualche passo verso
il sentiero che portava al bosco. Decisi però di riprovare ancora, so
essere testarda.
"Fatemi almeno la gentilezza di riferire alla Signora di questa
cittadella che sono venuta, come lei ha ordinato, ma che voi non mi
avete fatto passare."
"Ah sì? E di chi dovrei riferirle?"
"Ditele che il Fiore Nero è stato qui." La guardia
aveva ripreso a ridere.
"Sì certo, il Fiore Nero. Sparisci drow!"
"Appunto! I tuoi occhi sono rossi, come quelli di un drow." Acuta questa
guardia per essere un uomo. No, dovevo trovare un altro modo.
Mi incamminai sul sentiero. La sola cosa che potevo fare era quella di
distrarre la guardia, allontanarla dal cancello e sgattaiolare dentro.
Avrei appiccato il fuoco nella macchia di bosco poco distante, chissà,
forse avrei sortito l'effetto desiderato. |
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Mentre ero china a cercare dei sassolini adatti per provocare le
prime scintille, sentii il chiaro rumore di un carro che si avvicinava
in velocità. Ben presto quel carro giunse sul sentiero e si fermò vicino
a me. Un umano dai capelli neri, lunghi e sporchi mi fissava. Aveva un
grande orecchino al lobo sinistro, in oro e a forma di cerchio, una
corta barbetta e la pelle bruciata dal sole. Sembrava veramente sporco e
gli abiti logori la dicevano lunga sulla sua attitudine a curarsi del
suo aspetto.
"Uh uh uh guarda guarda cosa c'è qui. Una drow tutta sola soletta fuori
dal suo regno." Mi parlava con voce rauca, ridacchiando. Quello che
stava conducendo era un grande carro sul quale erano state montate due
gabbie con sbarre in ferro. L'oscurità stava calando ed io potevo veder
meglio, mi accorsi subito che nelle gabbie c'erano giovani donne vestite
di cenci, un ragazzino umano, una vecchia che continuava a lamentarsi ed
un uomo privo di una gamba. Lo strano individuo intanto era sceso dal
carro e veniva verso di me agitando un pugnale ricurvo e passandosi la
lingua sui pochi denti che gli rimanevano, ovviamente neri.
"Cosa volete? Non vedete che sono sola ed indifesa?" Forse con lui
avrebbe funzionato…
"Non esistono drow indifesi, al massimo deboli." E ridacchiava, come una
cornacchia stonata. All'improvviso mi venne un'idea così iniziai la mia
parte. Arretrai di un passo cercando di sembrare atterrita, disperata.
"Non fatemi del male, ve ne prego."
"Certo che no! Ti voglio così in salute e tutta intera, sempre che tu
non mi costringa a farti del male. Se entrerai nella gabbia senza
protestare non ti accadrà nulla."
"Perché dovrei farlo? Cosa volete da me?"
"Oh nulla, semplicemente portarti alla Signora della cittadella insieme
agli altri. Una schiava sana e forte è un bel bottino!" Quell'uomo stava
avanzando verso di me sfilandosi dalla cintura una lunga corda.
"Su su vieni. Tu mi farai guadagnare un bel gruzzoletto!" Così dicendo
fece roteare la corda in aria lanciandomela poi addosso. Io andai
incontro al cerchio di corda col capo, rendendogli anche troppo semplice
la presa, per fortuna lui non sembrò accorgersene. Mi strattonò un po' e
mi fece entrare nella gabbia insieme alla vecchia e alle giovani donne,
chiudendo poi il grande lucchetto che serrava la gabbia. Tronfio e
fischiettando tornò alla guida del carro mentre io cercavo di
nascondermi al meglio a terra, dietro la vecchia che continuava a
lamentarsi. L'avrei uccisa volentieri, ma dovevo portare avanti il mio
piano, avevo avuto davvero una grande fortuna ad incontrare quello
schiavista.
"Davvero un bel lavoro, pulito e semplice. E poi dicono che i drow sono
scattanti e veloci. Ah ma io ho una mira infallibile con la corda!"
L'uomo di autocelebrava. Com'era patetico, lo avrei ucciso dopo.
La guardia del cancello chiese all’uomo di fermarsi e di fargli vedere
cosa stesse trasportando. Lo schiavista dichiarò la sua merce mentre la
guardia si sporgeva per verificare coi propri occhi il contenuto delle
gabbie. Io non respiravo neppure, speravo di essere confusa per un
mucchio di stracci, accovacciata com’ero sul fondo della gabbia. Così
probabilmente fu e, superato il controllo, il cancello si aprì ed io ero
finalmente dentro, però chiusa in una gabbia. L’uomo guidò il carro per
una stretta discesina che ci condusse a dei sotterranei dove un’altra
guardia era a custodia del cancello, non avevo più bisogno di
nascondermi così mi rialzai e mi guardai intorno. Dovevo trovare il modo
di uscire dalla gabbia e raggiungere il mago. Ma come?
“Eccoci arrivati, ora state buoni buoni e tu vecchia smettila di
frignare! Una guardia vi prenderà in consegna e noi ci saluteremo…io
intascherò il mio denaro.” Lo schiavista di sfregava le mani con
cupidigia. Pensai che in fondo non sarebbe stato scorretto affatto
prendermi i soldi che lui stava per guadagnare grazie e me, mi
spettavano di diritto. Dovevo prima uscire.
Una guardia vestita con protezioni in cuoio borchiato giunse nella
stanza buia e umida dove c’eravamo fermati, osservò a lungo ognuno di
noi, mi fece un lungo e ammiccante sorriso – che schifo – e lasciò nelle
mani dello schiavista un sacchetto con delle monete.
Era il momento di agire. Mi gettai al collo di una delle giovani donne,
conficcandole le unghie nella carne urlando come posseduta da chissà
quale demone. Lei di risposta mi morse una guancia, dolore, dolce
inebriante dolore. Ma solo io potevo decidere quando era il momento di
provarlo, nessun altro, così le diedi una testata in fronte tanto da
farle perdere i sensi. Nel frattempo lo schiavista e la guardia aprirono
la gabbia, mi afferrarono con forza per i polsi liberando la giovane che
cadde a terra come un sacco vuoto, e mi portarono fuori. La guardia mi
tirava i capelli trascinandomi sul pavimento di pietra intimandomi di
rimanere ferma. Lo schiavista era nella gabbia e cercava di far
riprendere i sensi alla ragazza, per essere sicuro che nessuno scappasse
si chiuse nella gabbia urlando alla vecchia di tacere, ancora una volta.
Era il mio momento. Stesa a terra mi voltai su un fianco, con velocità,
lasciando nelle mani della guardia una ciocca strappata dei miei bianchi
capelli, afferrai la sua gamba e gli morsi il polpaccio con tutta la
forza che riuscii a trovare. Lui urlò e iniziò a dimenarsi, io
finalmente libera estrassi il mio pugnale dallo stivale e gli recisi la
gola. Lo schiavista intanto stava girando la chiave nel lucchetto, per
aprire la gabbia, gli colpii la mano con la mia lama, a terra cadde un
dito, e lui urlò tenendosi il moncherino. La chiave rimasta nella toppa
ora era mia. Le donne iniziarono ad urlare ma quando dissi loro di
smettere tornò il silenzio, rotto solo dai lamenti e dalle imprecazioni
dello schiavista.
“Dammi quel denaro uomo o ti taglio entrambe le mani.” Cercò di
ribellarsi, quando gli mostrai il dito mozzato e lo gettai nella gabbia,
lui cambiò idea e mi scagliò contro il sacchetto con le monete. Subito
dopo lo afferrai per il bavero e lo uccisi, mi ero ripromessa di farlo e
così fu.
Mi addentrai per i corridoi stretti e bui dei sotterranei, da qualche
parte dovevano pur condurre. Solo qualche fiaccola, nessuna porta…perché
mai poi una Signora aveva bisogno di schiavi? Una svolta improvvisa del
corridoio mi fece giungere di fronte ad una porta, appena in tempo per
nascondermi da due guardie che stavano venendo nella mia direzione.
Spinsi con cautela la porta, era aperta! Dentro c’era una luce accecate,
i miei occhi, dolore, non vedevo nulla, solo il mio animo parlava. Dolce
meraviglioso dolore lambiva i miei occhi e il mio corpo ora morbido e
cedevole. Ci misi un po’ a comprendere da dove venisse la luce: un
grande masso di forma cubica era al centro della stanza, circondato da
scariche elettriche di ogni colore.
“Mi aspettavo di vederti legata mani e piedi o con una catena al collo.”
Una voce calma mi investì. I miei occhi iniziarono a distinguere i
contorni della stanza. Era un ambiente ampio, al contrario del corridoio
da quale ero giunta, il soffitto era a volta e ricoperto di disegni,
simboli, rune. Notai che ai quattro lati del masso quadrato vi erano
quattro anfore in vetro, ognuna su un piedistallo di ferro brunito. In
una brillavano fiammelle azzurre, in un’altra c’era cheta acqua
cristallina, nella terza una manciata di terra giallastra e la quarta
era apparentemente vuota. Un’anziano uomo, senza alcun capello, con gli
occhi scuri e il volto rugoso, avanzava verso me appoggiandosi ad un
bastone.
“Sei furba giovane drow, sei riuscita a cavartela. Hai sistemato ben
bene quello schiavista. Se ti fossi fatta portare nelle celle degli
schiavi però avresti faticato meno e saresti giunta comunque da me.” Mi
disse il vecchio con voce beffarda.
“Chi siete? Come fate a sapere?”
Lui sorrise e disse, fermandosi a pochi passi da me “Hai per me una
missiva giusto? Quel che conta è che tu sia giunta fin qui per darmela.”
Ed alzò una mano rimanendo in attesa.
“Siete dunque voi il mago che la mia Matrona mi ha mandato a cercare?”
Lui annuì semplicemente. Presi la missiva col sigillo del Sacro Ragno
dalla mia sacca.
“Toglietemi una curiosità. Da quanto tempo spiavate le mie mosse con la
vostra magia?”
“Da quando hai iniziato a far gli occhioni dolci alla guardia del
cancello per convincerlo a farti passare. E’ stato molto divertente.
Quando ho visto che avresti tardato molto a trovare una soluzione
adeguata…ti ho fornito gli strumenti adatti. Lo schiavista di solito non
fa quella strada per portare qui gli schiavi, gli strumenti per i miei
studi. Oggi però ho fatto avere a lui un’intuizione. Sapevo che avresti
colto al balzo l’occasione. E poi…una drow come te mi farà molto comodo,
davvero ottima materia.” Mi fissava con insistente compiacimento.
“Beh potevate farmi perdere meno tempo e far avere una qualche
intuizione alla guardia del cancello.” Un mago, per giunta umano, che si
beffava di me? Come osava. Voleva usarmi per i suoi trucchetti? In che
modo? Non volevo scoprirlo.
I miei occhi bruciavano ancora, mi schermai con il cappuccio e riuscii a
fissare meglio il mago. Era basso e scarno, i suoi occhi però
trasmettevano una strana forza.
“Dammi la missiva ora, non aver timore, ti darò il dolore che cerchi.”
Qualcosa si agitò improvvisamente in me. Un mago, forte tanto da destare
la curiosità della mia Matrona, doveva avere poteri straordinari. Solo
io però posso decidere come e chi, nessun altro può arrogarsi il diritto
di divenire il mio strumento del piacere. Nessuno può beffarsi così di
me, neppure un mago. La bramosia di dolore, la rivalsa del mio orgoglio,
la mia inspiegabile follia e mi gettai contro il mago impugnando lo
stiletto che tenevo nella protezione dell’avambraccio. Lui reagì
scagliandomi contro una scarica di punte di ghiaccio che sembravano
nascere dalle sue mani, il mio volto ora bruciava, graffiato, trafitto,
il mio dolce dolore.
“Cosa credi di fare drow? Non voglio ucciderti, non costringermi a
farlo.” Una calda forza stava pervadendo le mie membra, i miei muscoli
vibravano, il cuore pestava forte nel petto, il mago intanto cercava di
immobilizzarmi facendo esplodere su me guizzi di fiammelle. Chiusi gli
occhi, lasciai agire solo il mio istinto e colpii il mago su un fianco,
mandandolo a sbattere con forza sul cubo di pietra. Le scariche luminose
smisero di esistere, il mago emise un gemito strozzato e agitando le
mani ed i piedi rovesciò le quattro anfore, mandandole in frantumi.
Qualcosa esplose, i quatto elementi, fuoco, acqua, terra e aria,
contenuti nelle anfore, mescolandosi crearono una nuova forza che rese
il cubo di pietra ora una melma di luce bluastra che respinse il mago
scagliandolo contro una parete. Lui cadde esanime a terra, gli arti
bruciati, il volto sfigurato, gli occhi bianchi sbarrati.
Che follia era quella? Che strani esperimenti conduceva quel mago?
Avrebbe mai potuto raccontarlo? Forse. Mi avvicinai al corpo e, stando
ben lontana dal cubo, mi chinai e misi la missiva della mia Matrona in
una tasca delle vesti del mago.
Lasciai la stanza, sgattaiolai silenziosa fino all’ingresso delle
segrete. Presi alle spalle la guardia del cancello e la uccisi con un
solo colpo al cuore. Ero fuori, di nuovo libera.
Avevo compiuto anche questa missione, la missiva dopotutto era stata
consegnata. Qualcosa però mi diceva che per un po’ sarebbe stato meglio
non farmi vedere nel Regno e soprattutto non dalla Matrona.
Alzai il cappuccio celandomi il volto, il bavero sulle labbra e mi
confusi con la gente per le stradine della cittadella.
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