|
Un vento caldo ci sta
avvolgendo pungendoci sul volto, sentiamo le labbra secche ed un
nastro di seta, del tenue colore delle viole, ondeggia intorno a noi
e poi diventa figura, alata, alta che si siede accanto alle due
figure al centro della stanza.
“E' il momento
giusto mio Signore” la figura alata, che ora sembra una sirena,
parla senza aprire la bocca, chinando il capo dinnanzi all'uomo
dagli occhi bianchi.
Lei, la piccola gemma
che riposa, si desta ed esclama spaventata “No padre, non ora, non
sono pronta. Ho ancora troppe domande ed ho paura. Non lasciarmi
anche tu”
Lui la consola e le
bacia la fronte parlando pacatamente “Ti ho già narrato tutto
quello che potevo bambina. Non ti abbandonerò mai, ti lascerò solo
fare un altro viaggio ma le mia braccia saranno sempre lì a
cingerti ed il mio sguardo ti avvolgerà per sempre. Non devi aver
timore, sei figlia del tuono e dei laghi. Sei stata plasmata con la
polvere dei cieli e cullata sulle nuvole. La terra inghiottirà le
tue pene e il vento ti porterà i miei messaggi. Va ora, non devi
far attendere gli spiriti della luce e delle ombre”
La figura alata sembra
attendere accanto all'ovale attraverso il quale vediamo ancora solo
nebbia. Osserviamo meglio quella figura. Ha braccia lunghe,
esageratamente lunghe, tanto da toccare terra. La pelle è simile a
quella di un pesce e le ali sono bianche. Il volto è armonioso,
sembra una giovane donna ed i seni, di pallida pelle liscia, sono
piccoli e nudi. Sta alzando un braccio, lo protende verso l'ovale
che ora diviene grande, luminoso come un sole, poi subito argenteo
come una luna. La creatura alata spicca il volo e scompare oltre
l'ovale che ora ci lascia intravedere fitta vegetazione intricata,
come quella di una foresta. Scorgiamo uno strano uccello dalla coda
multicolore, un pavone forse, sta cantando, sembra un richiamo, poi
vola via.
“Raccontami di mio
padre prima. So che non sei tu l'uomo che mia madre ha amato e che
mi ha dato la vita. Dimmi di lui, non mi hai mai nemmeno detto il
suo nome” riusciamo a percepire l'angoscia di quell'esile creatura
che invoca il suo passato, che cerca la legittima conoscenza. Stiamo
piangendo anche noi. Com'è possibile che i suoi sentimenti riescano
a sconvolgerci così, a farci sentire quello che prova lei. E'
paura. Cruda paura.
“Come potrei essere
io tuo padre, piccola gemma? Io sono la corrente che rompe gli
argini, sono la tempesta che annienta la luce, il fuoco che avvolge
le stelle. Io sono aria e pioggia, morte e vita. Io sono l'energia
che ti ha plasmata, giorno dopo giorno, insegnandoti ad ascoltare la
voce delle energie. Sono il tuo desiderio più puro, il brivido che
ti fa sorgere, la scelta che ti fa creatura degli immortali. Tuo
padre era un uomo e tua madre un'elfa. Sono passati così tanti anni
da quando l'ultimo grido di quell'uomo, dalla pelle bruciata dal
sole, urlava il nome di tua madre. Non conoscerai il suo nome
bambina, non ora, non in questo viaggio. Egli era stato forgiato
dalla rossa sabbia del deserto roccioso ed era forte come le
creature che lo popolano. Era saggio ed amato dalla sua gente e
governava con rettitudine. Eppure era schivo delle ombre, viveva
alla ricerca delle scaglie dorate del drago e parlava al vento
dell'amore per l'equilibrio”
Lei china il capo e
lui le mette un fiore tra i capelli, un'orchidea nera, luccicante di
polvere d'oro. Le braccia dell'uomo sembrano gonfiarsi
all'improvviso e noi smettiamo di respirare colti dalla sorpresa e
dallo sgomento nel vedere che le linee scure sulle sue braccia
prendono a muoversi e luccicano, facendo tornare viva la luce nella
stanza.
La stanza. No ora è il letto di un fiume secco ove rantolano anfibi
striscianti. In profondità scorpioni immensi agitano le chele
provocando scricchiolii che ci stanno facendo impazzire. Lupi
ululano e noi sentiamo dolore, dolore nelle viscere mentre cerchiamo
di muoverci, ma non ci riusciamo, sentiamo di dover vedere dove andrà
lei, per seguirla. E' parte di noi.
|
|