“Non
piangere, sarebbe sciocco” sussurra un uomo seduto accanto alla
creatura. E' imponente e la sta abbracciando. Eppure prima non era lì.
Lui le accarezza i capelli e la guarda con occhi senza iride,
bianchi, eppure talmente espressivi. Lei appoggia il capo sulle
gambe di lui e chiude gli occhi, lasciva.
“Che
importanza ha se è sciocco? I miei occhi piangono le emozioni che
la mia anima non riesce a contenere” dice lei piagnucolando
ancora, poi si cheta.
L'uomo
è coperto da uno spesso drappo del colore della neve, bianca,
gelida, il suo cranio è lucido, senza alcun capello ed i tratti
spigolosi del volto culminano nella linea della mascella,
pronunciata, arrogante, fastidiosa da guardare come da contemplare
in quel volto che incute timore ma anche rispetto. Non ci vedono e
noi rimaniamo lì ad osservare la scena senza muoverci più.
“Dormi
bambina” le dice lui, con voce che sembra suono. Anzi è suono
perché dalle sue labbra sentiamo provenire il melodioso canto di
un'arpa che si fonde col cristallino suono di una cascata,
scrosciante. La musica ci inebria, ci scuote i sensi e danziamo
intorno alle due figure sentendoci immateriali, come l'aria. Lui le
accarezza il volto e dalle sue mani saettano raggi colorati che poi
divengono polvere luccicante che si spegne sugli abiti di lei.
“Le
assomigli tanto sai? Hai i suoi capelli e le sue labbra, bambina
mia” dice lui chiudendo gli occhi ed il buio cala nella stanza,
come se fosse all'improvviso scesa la notte.
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