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Riprendiamo a respirare regolarmente mentre la fastidiosa sensazione di bagnato e sporco ci scuote, avanziamo verso la figura e la osserviamo. E' sottile, pallida, ha sembianze umane e lunghi capelli neri sparpagliati attorno a lei come a proteggerla. Seguiamo con lo sguardo il profilo del volto. La fronte alta, il naso piccolo, le labbra morbide e rosa, il mento e poi il collo sottile, bianco. Linee violacee segnano la pelle trasparente che, come un velo, protegge la creatura che respira piano vicino a noi. Lo sguardo si ferma su un disegno, sul collo della creatura, è un sole a nove raggi dipinto sotto l'orecchio sinistro.

 Allunghiamo una mano per sfiorarlo, è irresistibile, sembra muoversi e risplendere anche se è solo un disegno. Un serpente nero si avvolge attorno al nostro avambraccio e ci ferma. Urliamo, forte! Ritraiamo la mano ed il serpente torna al suo posto confondendosi tra i capelli della creatura che ora sembrano serpenti di ogni colore e forma, poi tornano ad essere semplicemente capelli. Lei si sveglia. E' dolce il mondo con il quale ci guarda, i suoi occhi blu ci attirano e noi vi anneghiamo dentro per qualche istante. Siamo in un mare caldo e brillante di sole. I nostri corpi sembrano sparire, fondersi con l'acqua salata, o dolce, che ingoiamo. Siamo divenuti acqua. Un'onda ci spinge con violenza su una spiaggia di sabbia dorata e la creatura è lì e ci guarda ancora. La stanza umida e odorosa di muschio si materializza di nuovo intorno a noi. La spiaggia è sparita. Cerchiamo di abbracciare l'esile corpo che ci osserva e ci rendiamo subito conto che in realtà non ci vede. Lei sta fissando il vuoto, piange.

“Non piangere, sarebbe sciocco” sussurra un uomo seduto accanto alla creatura. E' imponente e la sta abbracciando. Eppure prima non era lì. Lui le accarezza i capelli e la guarda con occhi senza iride, bianchi, eppure talmente espressivi. Lei appoggia il capo sulle gambe di lui e chiude gli occhi, lasciva.

“Che importanza ha se è sciocco? I miei occhi piangono le emozioni che la mia anima non riesce a contenere” dice lei piagnucolando ancora, poi si cheta.

L'uomo è coperto da uno spesso drappo del colore della neve, bianca, gelida, il suo cranio è lucido, senza alcun capello ed i tratti spigolosi del volto culminano nella linea della mascella, pronunciata, arrogante, fastidiosa da guardare come da contemplare in quel volto che incute timore ma anche rispetto. Non ci vedono e noi rimaniamo lì ad osservare la scena senza muoverci più.

“Dormi bambina” le dice lui, con voce che sembra suono. Anzi è suono perché dalle sue labbra sentiamo provenire il melodioso canto di un'arpa che si fonde col cristallino suono di una cascata, scrosciante. La musica ci inebria, ci scuote i sensi e danziamo intorno alle due figure sentendoci immateriali, come l'aria. Lui le accarezza il volto e dalle sue mani saettano raggi colorati che poi divengono polvere luccicante che si spegne sugli abiti di lei.

“Le assomigli tanto sai? Hai i suoi capelli e le sue labbra, bambina mia” dice lui chiudendo gli occhi ed il buio cala nella stanza, come se fosse all'improvviso scesa la notte.

 

 

“Era bella mia madre?”

“Come può non essere bello un fiore che resiste alle intemperie e non si piega al vento gelido impetuoso e prepotente? Lei era luce ed era forza, era acqua ed era musica”

“Perché non è qui con me?”

 

“Lo è, mia piccola gemma. Lei è qui, in te e in ogni dove. Devi solo imparare ad ascoltare, a sentire” risponde lui con un tono talmente tranquillizzante ed amabile che abbiamo improvvisamente voglia di dormire, di farci stringere da quelle braccia forti e dipinte con sinuose linee scure, di farci confortare e dimenticare, ma non possiamo, qualcosa o qualcuno entra nella stanza che ci accorgiamo solo ora non aver porte.

 

 

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